domenica 13 settembre 2009

Le Idee Politiche del Movimento P.P.A.

Movimento Politico Pensiero Azione è sorto a Torino nel 2002 per contrastare il falso Bipolarismo e favorire il vero pluralismo, che sia democraticamente rappresentativo. Difende i principi di matrice cristiana e la dignità di tutti i cittadini. ANTONIO PIARULLI, nato a Palazzo San Gervasio (PZ) il 18/02/1961, Dottore in Scienze Politiche, è iscritto all’Ordine dei Giornalisti del piemonte, è il Fondatore nonchè Segretario Nazionale del PPA.
Libertà è Partecipazione, la Politica ha un suo proprio nesso se praticata con Spirito di Servizio, un nuovo Paradigma Politico, si configura se vi è la volontà pubblica di “Praticare l’eleganza sociale di fare un mondo migliore” con impegno, dedizione, abnegazione di ciascun singolo individuo.
Non guerre, ma moderazione, dialogo e concertazione, sono il costrutto della democrazia rappresentativa.



Contro il falso bipolarismo

Da oltre un decennio l’Italia vive in una situazione confusa e contraddittoria di trasformazione del suo sistema politico attualmente bloccato in un falso bipolarismo, perché gli schieramenti contrapposti di centrodestra e di centrosinistra non sono uniti da programmi e valori, ma sono soltanto cartelli elettorali per occupare i seggi disponibili in Parlamento. Il disagio del popolo per questa situazione si è clamorosamente manifestato con il referendum sul sistema maggioritario del Maggio 2000, bocciato da due terzi del corpo elettorale che ha disertato le urne. Bisogna reagire per cambiare questa situazione. Mi sono proposto di lavorare per cambiare la natura del "falso bipolarismo italiano". Bisogna evitare rischi plebiscitari e garantire una democrazia veramente partecipata con una riforma istituzionale ed elettorale nel senso proporzionale introducendo magari regole per ridurre la frammentazione dei piccoli partiti. Bisogna inoltre inserire il principio della "sfiducia costruttiva" nei confronti del governo in carica, seguendo l’esperienza positiva del sistema tedesco. Solo così i cittadini italiani potranno avere una rappresentanza adeguata senza ricorrere a surrogati della identità politica, come accade nei cartelli elettorali del centrosinistra e del centro destra, che non servono a governare un paese complesso come il nostro, ma solo ad occupare il potere. La mia idea di Politica, Pensiero e Azione della gente, per la gente, con la gente, con Spirito di Servizio nell’interesse collettivo.



Per un federalismo solidale

La politica del "falso bipolarismo" accentua la sfiducia dei cittadini proprio in un momento in cui maggiore è l’esigenza di concentrazione morale e operativa del popolo sulle scelte di governo e sugli obbiettivi da raggiungere in un mondo aperto alle occasioni produttive ma anche ai rischi della globalizzazione economica. Per questo intendo battermi per riforme che diano efficienza al vecchio impianto dello Stato con un sistema bicamerale modellato su quello tedesco (con una camera delle Regioni) per creare la conciliazione necessaria tra esigenze centrali e periferiche. Il federalismo che desidero non separa le aree forti da quelle deboli, ma va incontro alla esigenza di garantire una crescita complessiva del sistema paese che deve essere integrato in tutte le sue componenti regionali nel contesto economico europeo e internazionale. Si tratta di un "federalismo solidale" che afferma nuovi rapporti negoziali, stabili regole partecipative ed assunzioni di responsabilità da parte dei soggetti sociali interessati. Ciò comporta la revisione dell’ordinamento amministrativo, liberalizzandone le procedure, e la introduzione di criteri di sussidiarietà per ripartire compiti e responsabilità tra Stato e istituzioni private ove questo sia più opportuno. Ad una concorrenza tra pubblico e privati deve inoltre corrispondere una sussidiarietà "verticale" che impegna le Regioni e i Comuni per ottenere le soluzioni più idonee a risolvere problemi emergenti.



Verifica dei risultati

Fiducia dei cittadini nelle istituzioni e identità nazionale fanno parte di un unico problema che deve essere affrontato e risolto nella capacità della politica di rispondere del suo operato. A questo fine non giovano i governi rappresentativi di una minoranza di elettori, o affidati plebiscitariamente all’immagine di una "personalità" fabbricata dalla propaganda. Occorrono strumenti di verifica dei risultati raggiunti sui programmi pubblici per la sicurezza dei cittadini, la scuola, la sanità, i trasporti, la fiscalità. E tale opera di rinnovamento non deve mettere in causa i diritti fondamentali delle persone e dei cittadini, specialmente nella applicazione del diritto penale. Le politiche di risanamento però non bastano da sole a rendere un paese efficiente e sicuro, se non si interviene con coerenza in materia di ambiente, dissesto idrogeologico e servizi. Infatti, le misure adottate finora hanno dato all’Italia il vantaggio di raggiungere il traguardo europeo, ma hanno finito col sacrificare la qualità e la sicurezza dei servizi, per carenza di investimenti e precise responsabilità politiche. Anche per questo, penso che il paese debba essere governato con coalizioni di maggioranza chiare e stabili, fondate sul consenso e la partecipazione popolare.



La politica di concertazione

Il corpo centrale del mio progetto è la concertazione, che non è solo un metodo, ma uno sviluppo di portata strategica nel modo di governare una società complessa come la nostra. Concertare significa ripensare le relazioni sociali per una economia più partecipata, facendo contare i soggetti collettivi nelle decisioni sul futuro del paese. Senza il consenso non si governano i cambiamenti: ce lo dice l’esperienza di questi anni, in cui, grazie soprattutto alla tenacia della Cisl, la concertazione ha consentito di raggiungere importanti traguardi, come l’ingresso in Europa e il superamento del rischio inflazione. La concertazione deve svilupparsi su tre livelli, nazionale, europeo e territoriale perché è necessario negoziare aspetti diversi di una politica: dalla definizione della politica dei redditi, al negoziato su decisioni che incidono sulla vita delle persone di tutto il continente, all’intervento solidale dei soggetti sociali in assunzioni di responsabilità sul piano della amministrazione locale. La politica di concertazione presuppone un consapevole concorso di forze e soggetti autonomi della società civile nel progettare tempi e modi dello sviluppo. E serve soprattutto per non lasciare, nell’epoca della globalizzazione, il campo libero alle forze anonime del grande capitalismo nel controllo della economia di mercato, senza tener conto di valori e finalità sociali.



La democrazia economica

Il capitalismo italiano cambia di fronte alle spinte internazionali dell’economia. A causa delle privatizzazioni ridotte a pure operazioni finanziarie, si rischia di privare l’Italia di molti centri di comando e decisionali (nella grande industria, nel credito, etc...). Perché‚ ciò non accada, io ritengo che vada messo in movimento un processo di democrazia economica volto a far partecipare i lavoratori alle scelte e alle strategie di impresa, rendendoli dipendenti non solo da un salario, ma dal rendimento in azioni che danno voce in capitolo sul futuro del lavoro. Per questo sostengo la formazione di patrimoni mobiliari(fondi di investimento e altro) che favoriscano la combinazione tra redditi da lavoro e redditi da capitale, favorendo l’integrazione dei lavoratori nei centri di decisione per la innovazione e lo sviluppo. Il modello proposto è il più valido strumento per non consegnare l’asse di comando delle imprese, ma anche delle banche italiane, nelle mani di terzi e senza reciprocità, con le conseguenze di rischio sociale che questo comporta. Se poi, come è giusto, si lega il salario alla produttività, bisogna poter controllare la produttività, e per farlo occorre stare nei luoghi dove si prendono le decisioni.



Unità tra Nord e Sud

La situazione italiana presenta una caratteristica originale rispetto al resto d’Europa: il centro-sud ha bisogno del Nord e delle risorse prodotte in quelle regioni; il Nord, a sua volta, ha bisogno del Sud per poter incrementare il ruolo propulsivo del paese sul piano europeo e internazionale. Esistono di fatto "due Italie": una, il Nord, dove si concentrano lavoro e sviluppo, l’altra, il Sud, dove si concentra il tasso più elevato di disoccupazione. Che fare? Per favorire lo sviluppo vero e non assistenziale del Mezzogiorno serve flessibilità fiscale, flessibilità del salario, flessibilità del mercato del lavoro. Il mio obbiettivo è raggiungere questi traguardi con una politica di negoziato che coinvolga le responsabilità di tutti, istituzioni, enti di credito, associazioni sindacali. Bisogna evitare lo spreco di risorse umane e materiali. Questo significa massiccio intervento per la formazione, il rinnovamento delle infrastrutture esistenti, servizi più efficienti e ammortizzatori sociali. Politiche specifiche, differenziate e concertate, possono favorire gli investimenti nel Mezzogiorno anche ottenendo garanzie dalle leggi della Comunità europea: ed è una battaglia da vincere su cui finora nessun governo si è seriamente impegnato. A tutto ciò deve accompagnarsi ovviamente una azione coerente per ridurre il tasso di criminalità organizzata nelle aree meridionali che si collega direttamente al tasso di economia illegale ivi presente (lavoro sommerso, evasione, etc...). Anche il Nord del paese vive un forte malessere, di una società carica di contraddizioni emergenti, tra ricchezza, piena occupazione, e vaste aree di disagio giovanile e insicurezza sociale. Per questo il paese va governato modulando sulle diversità secondo criteri federali senza dividersi, come è avvenuto per le politiche del "falso bipolarismo" tra statalisti pentiti, a sinistra, e pretesi liberisti, a destra.



Lavoro e pensioni

Se un obbiettivo occupa il mio interesse, questo è quello del lavoro. Bisogna puntare all’idea del pieno impiego. Ci si può riuscire supplendo al lavoro che manca e a quello che cambia. Solidarietà e formazione sono due carte essenziali per vincere la battaglia. Il "pieno impiego" a cui penso si può realizzare come possibilità concreta per tutti di accedere a un reddito attraverso il lavoro, utilizzando a pieno in questo ambito anche tutte le potenzialità offerte dall’artigianato, dal turismo, dalla agricoltura, dalla cooperazione e dal "terzo settore". L’obbiettivo del pieno impiego sembra scomparso dai programmi dei politici attuali tanto di "destra" che di "sinistra", in Italia e in Europa. Ma ci si può arrivare se realisticamente si cambieranno leggi, regolamenti, idee e comportamenti che finora hanno frapposto barriere d’accesso al lavoro dei giovani e delle donne. Un secondo obbiettivo essenziale è per me garantire un regime di sicurezza sociale. Noi abbiamo cambiato, in questi anni, molti aspetti non più sostenibili del vecchio sistema. Ma resta fermo il principio di uno Stato sociale che deve garantire il massimo di equità e solidarietà. Bisogna offrire a tutti la possibilità di contribuire col proprio lavoro a costruire la propria sicurezza sulla base dell’etica della responsabilità e non del privilegio. Si parla tanto in Italia, di "toccare le pensioni". Il guaio è che tutti parlano delle pensioni degli altri, non della propria. Una riforma delle pensioni è stata varata nel 1995 (altro grande merito della politica di concertazione) e non si vedono per ora ragioni valide perché l’attuale regime debba essere rivisto. Ridefinire il sistema di sicurezza sociale vuol dire infatti comprendere sia i vecchi che i nuovi bisogni, conseguenti all’invecchiamento medio della popolazione, e alle esigenze di un mercato del lavoro più competitivo. Bisogna superare i conflitti generazionali, abbassare il costo delle gestioni pubbliche e detassare incisivamente le risorse private che finanziano progetti sociali.

venerdì 11 settembre 2009